XVII – SUSCIPE, SANCTA TRINITAS
Terminato il salmo, il sacerdote ritorna in mezzo all’altare, congiunge le mani e inchina leggermente il capo, dicendo: Suscipe, sancta Trinitas, hanc oblationem, quam tibi offerìmus ob memoriam passionis, resurrectionis et ascensionis Jesu Christi Domini nostri….
Troviamo qui alcune considerazioni di rilievo. Si parla in primo luogo d’un’oblazione: Suscipe hanc oblationem, “ricevi quest’oblazione”. Il sacerdote applica queste parole al pane e al vino che ha offerto; ma non è ad essi ch’egli si riferisce. Questi oggetti sono santificati e benedetti, è vero e, di conseguenza, meritano d’essere trattati con grande rispetto. Tuttavia, l’oblazione che qui si presenta alla maestà divina non potrebbe limitarsi ad esser un sacrificio puramente materiale, come quelli che offrivano i Giudei. No, il pensiero del sacerdote in quest’occasione va più lontano: egli presenta l’offerta del grande Sacrificio che presto dovrà essere compiuto.
Ob memoriam passionis, resurrectionis et ascensionis Jesu Christi Domini nostri, “E ti offriamo quest’oblazione, o Trinità Santissima, in memoria della Passione, della Risurrezione e dell’Ascensione di Gesù Cristo Signor nostro”. Si tratta di tre importanti misteri che completano la vita di Gesù Cristo. Prima Egli ha patito e, a coronamento dei suoi patimenti, è morto. Tali patimenti, culminati nella morte, costituiscono la sua Passione. Ma non è tutto: il Signore è anche risuscitato. La morte, castigo del peccato, è come il trionfo del diavolo sull’uomo, e sarebbe stata una sconfitta per Gesù Cristo se, dopo morto, non fosse poi risuscitato.
Ma non è solamente risuscitato, è anche salito al cielo nella sua gloriosa e trionfante Ascensione. Nostro Signore non poteva restare sulla terra. Finché la sua natura umana non entrava in cielo, questo rimaneva chiuso all’uomo, sicché non potevamo essere salvati se Nostro Signore non fosse salito al cielo dopo essere risuscitato dai morti, essendo, come dice san Paolo, il “primogenito tra i morti”. Notiamo bene, di conseguenza, che il Signore ha sofferto la Passione ed è risuscitato, ma la salvezza dell’uomo non si sarebbe interamente compiuta s’Egli fosse rimasto esiliato in questa valle di lacrime: alla Passione e alla Risurrezione doveva seguire necessariamente l’Ascensione.
È questa la nostra fede, perché questa è l’economia della nostra salvezza, racchiusa in questi tre misteri: Passione, Risurrezione, Ascensione. La santa Chiesa comprende così bene che questi tre atti sono necessari per completare la vita di Gesù Cristo e costituiscono il compendio di tutta la nostra fede, che ha vero interesse di farcelo dire esplicitamente nell’offerta del Sacrificio.
Et in honorem beatae Mariae semper Virginis, “e in onore della beata e sempre Vergine Maria”. Non si offre una sola Messa che non ridondi di espressioni in onore della Santissima Vergine, la quale, per se medesima, costituisce un mondo a parte. Così facciamo prima menzione di Nostro Signore e poi della Santìssima Vergine, degli Angeli e dei Santi. Gli Angeli sono da più di noi, cioè sono superiori a noi per la loro natura spirituale, ma la Santissima Vergine, quantunque creatura umana, si trova al di sopra degli Angeli, perché è, come abbiamo detto, un mondo a parte: è il capolavoro di Dio stesso. Per questo la santa Chiesa l’onora come tale nel santo Sacrificio, dove ha gran cura di non dimenticarla.
Et beati Joannis Baptistae. La Chiesa nutre gran venerazione per san Giovanni Battista. Ne fa già menzione – come abbiamo veduto – nel Confiteor. Qui si compiace d’onorare nuovamente il Precursore del Signore. Et sanctorum apostolorum Petri et Pauli; niente di più giusto del tributar onore e gloria a questi due grandi Apostoli, che si adoperarono insieme per la fondazione della santa Chiesa romana.
Et istorum. Questa parola ha fatto sorgere in varie occasioni qualche difficoltà. Infatti ci si è spesso domandato che cosa si volesse intendere. Alcuni sostenevano che si riferisse al Santo di cui si celebrava la festa, ma in questo caso si sarebbe dovuto dire istius e non istorum. Inoltre le Messe dei defunti presenterebbero – in tal caso – altre difficoltà. Evidentemente l’intenzione della santa Chiesa è tutt’altra: si riferisce senza alcun dubbio alle reliquie dei Santi racchiuse nell’altare, tant’è vero che quando si consacra un altare, vi si devono sempre collocare le reliquie di vari Santi. Quelle di uno solo non basterebbero e non permetterebbero alla Chiesa di dire qui: et istorum. “Sì – dice – in onore di questi Santi che servono come punto d’appoggio al mistero che è stabilito sopra di essi, di questi Santi sopra il corpo dei quali va a compiersi il gran sacrificio”. È dunque giustissimo far di essi una speciale menzione.
Et omnium Sanctorum. Infine la santa Chiesa ricorda tutti i Santi in generale, perché tutti hanno parte nella Santa Messa.
Ut illis proficiat ad honorem, nobis autem ad salutem, “perché serva a loro onore e a nostra salvezza”. Sono qui esposti i due fini principali del santo Sacrificio: da una parte, procurare gloria a Dio, alla Santissima Vergine e ai Santi, dall’altra, essere di profitto alla nostra salvezza. Per questo la Chiesa ci fa chiedere qui che Dio si degni d’accettar e ricever il santo Sacrificio in modo che si ottengano i due fini proposti. Con le parole finali di quest’orazione s’invocano infine i Santi dei quali la Chiesa fa in quel giorno memoria. Et lili prò nobis intercedere dignentur in caelis, quorum memoriam agi-mus in terris, “che quelli dei quali facciamo memoria sulla terra, si degnino intercedere per noi in cielo”. Per eundem Christum Dominum nostrum, “Per lo stesso Gesù Cristo, Signore nostro”; aggiungendo, in tal modo, sempre il nome di Cristo.
Quest’orazione, come la prima, è divenuta universale a partire da san Pio V. Il suo latino è di bellezza inferiore rispetto a quello del Canone, che risale ai primi tempi, come pure la preghiera per la benedizione dell’acqua.