I. IL SALMO JUDICA ME DEUS
Dopo essersi fatto il segno della croce, il sacerdote pronuncia l’antifona Introibo ad altare Dei, prima del salmo XLII. Questa antifona è sempre detta all’inizio e alla fine della stessa preghiera. Di seguito comincia il salmo Judica me Deus, che viene recitato per intero, alternandosi con i ministri. Questo salmo è stato scelto causa del versetto Introibo ad altare Dei, «mi approssimerò all’altare di Dio»; è molto adatto per iniziare la celebrazione del santo Sacrificio. Del resto, la santa Chiesa sceglie sempre i salmi a motivo di un versetto che è attinente a ciò che sta compiendo o a ciò che vuole esprimere. Questo salmo non si trova da sempre nel Messale: il suo uso è stato stabilito da San Pio V, nel 1568. Udendo il sacerdote che lo proclama, si capisce – fin dalle parole dei primi versi ab homine iniquo e doloso erue me, «liberami dall’uomo iniquo e fraudolento» – che egli rappresenta Nostro Signore stesso e che parla in suo nome.
Il versetto che serve da antifona mostra che Davide era ancora giovane quando compose questo canto a gloria del Signore; perché, mentre dice che si sarebbe accostato all’altare del suo Dio, aggiunge: ad Deum qui laetificat iuventutem meam, «a Dio che allieta la mia giovinezza». Si stupisce del turbamento che sopraggiunge nella sua anima, ma ben tosto si rassicura, sperando nel suo Dio; ed è per questo che il suo canto è pieno di allegrezza. La santa Chiesa non vuole dunque che questo salmo venga recitato nelle messe dei defunti, perché, in questa occorrenza, noi andiamo a supplicare per il sollievo di un’anima, la cui dipartita ci lascia nell’inquietudine e nel dolore. Così durante il tempo di Passione, durante il quale la santa Chiesa è tutta presa dalle sofferenze del suo Sposo, e non pensa affatto a rallegrarsi.
Questo salmo è adatto per iniziare la Messa anche per quanto concerne il tema della venuta di Nostro Signore. Chi dunque deve essere inviato alle nazioni, se non colui che è luce e verità? David lo sapeva: e così si espresse: Emitte lucem tuam et veritatem tuam. Con lui noi lo ripetiamo, e anche noi diciamo a Dio: «Mandaci colui che è luce e verità».
Una volta terminato il salmo con il Gloria Patri e la ripetizione dell’antifona, il sacerdote invoca il soccorso del Signore dicendo: Adiutorium nostrum in nomine Domini; gli si risponde: Qui fecit cúlume et terram. Nel salmo precedente il celebrante ha espresso il grande desiderio di unirsi a Nostro Signore, luce e verità; ma, quando riflette circa l’incontro che si sta per realizzare tra l’uomo peccatore e Dio, sente il bisogno di essere sostenuto. Dio ha voluto questo incontro, è vero, ed ha stabilito che questo avvenga d’ordinario; malgrado ciò, l’uomo sente e comprende il suo nulla e la sua indegnità. Egli si umilia e si riconosce peccatore; e, per trovare sicurezza, comincia con il segno della croce, domandando il soccorso del Signore e apprestandosi a confessare le sue colpe.