di don Alfredo Maria Morselli
“Bravo don Morselli” – dirà qualche mio affezionato lettore, leggendo il titolo di questo articolo – “gli avranno impedito di celebrare in latino, oppure gli avranno imposto le chitarre, ma lui ha tenuto duro e ha proseguito imperterrito…”
Ecco che vengono a galla i legami tra il tradizionalismo e l’estrema destra… questi sono tutti fascisti…” – dirà invece qualche lurker progressista, spiritualmente resuscitato dopo la rinuncia di Benedetto XVI, venuto qui a curiosare rosicando, tra una speranza e l’altra che Francesco abolisca il motu proprio…
Niente di tutto questo, semplicemente non mi piego, anzi, non solo non mi piego, ma non cammino quasi più, a motivo di un’artrosi particolarmente fetente – come direbbero al sud – che non mi lascia un osso libero.
In questi ultimi due anni i medici mi hanno rivoltato come un calzino, esaminato in utroque iure, e si sono rassegnati a una terapia palliativa.
Circa due anni fa ho cominciato rinunciando alle genuflessioni, ma celebravo ancora in piedi: offrivo tra le lacrime la rinuncia alla più bella e santa tra le pur tutte sante e benedette rubriche, che difendono il povero fedele dal libidinoso ad libitum del prete: libidinoso talvolta di arrampicarsi sugli specchi di una verbosità vuota quanto ampia, pur di non dire un semplice “Il Signore sia con voi“… Ma torniamo alla mia rubrica preferita: immediatamente dopo la consacrazione, il sacerdote statim… genuflexus… adorat.
Il Signore mi stava chiedendo, impedendomelo fisicamente, di rinunciare a quella rubrica che segna l’aut aut tra due modi di concepire la liturgia. “Fedeli, ho obbligato Dio a scendere dal Cielo e a nascondersi nell’Ostia, adoriamolo subito… come indugiare…, perché aspettare…”
Quanto mi costava questa rinuncia!
Poi, dopo le caviglie e le ginocchia, è venuta la zona lombo sacrale, e di lì, come raggi dal sole, dolori ovunque, affezionatissimi, talmente amici che non mi lasciano un istante.
È così ho cominciato a celebrare da seduto, con la mia fedele perpetua Argentina che mi spostava il messale, ed era l’unica che mi aiutava all’altare senza farmi male; e alla fine, il 4 ottobre, I sabato del Mese – lo stesso giorno 34 anni fa in cui partii per il seminario – ho celebrato l’ultima Messa a Stiatico, non permettendomi la salute di reggere ancora la parrocchia.
Mentre facevo il ringraziamento, mi sono immaginato un colloquio con Nostro Signore, un colloquio alla don Camillo; avendo mangiato io in vita troppi tortellini, non potrò mai elevarmi alla mistica vera. “Signore, come mi avete ridotto, io che saltavo i fossi per la lunga, come potrò servirvi adesso che non sarò più neanche parroco…”
Al che, si fa sentire un doloretto alla schiena, ben distinguibile dal background solito.
“Perché, Signore, che cosa ho detto di male?”
“Perché, Signore, che cosa ho detto di male?”
“Non ti ricordi le parole che hai rivolto al papà di quella suora di clausura, Suor ****?”
“Gli ho detto che sua figlia potrebbe essere più utile alla Chiesa di mille missionari, perché con la preghiera sarebbe arrivata dappertutto, mentre un missionario non può andare in più di un posto alla volta“
“E allora, tu prega e vedrai che farai più danni che se fossi solo a Stiatico“
“Danni al nemico, intendete, vero?“
Nessuna risposta.
Allora ho proseguito: “Signore, ma perché questi dolori sono venuti proprio a me, non potevate farli venire a quei cinghiali – parole Vostre – che devastano la vostra vigna – che so, Enzo Bianchi, il Cardinale Kasper… siamo in così pochi noi tradizionalisti…”
Non avevo ancora finito di parlare che una terribile fitta mi fece vedere le stelle…
“Ma Signore, dicevo per il loro bene spirituale, naturalmente, voglio che siano santi anche loro…”
“E allora, tu prega e vedrai che farai più danni che se fossi solo a Stiatico“
“Danni al nemico, intendete, vero?“
Nessuna risposta.
Allora ho proseguito: “Signore, ma perché questi dolori sono venuti proprio a me, non potevate farli venire a quei cinghiali – parole Vostre – che devastano la vostra vigna – che so, Enzo Bianchi, il Cardinale Kasper… siamo in così pochi noi tradizionalisti…”
Non avevo ancora finito di parlare che una terribile fitta mi fece vedere le stelle…
“Ma Signore, dicevo per il loro bene spirituale, naturalmente, voglio che siano santi anche loro…”
Altra stoccata allucinante… “Signore, con Voi non vale, Voi scrutate cuore e reni, è una lotta impari” “Coraggio, don Alfredo, anche il Re David, che – non ti offendere – ti sta molto sopra, una volta si è lamentato con me, dicendomi che per poco non vacillavano i suoi passi al vedere l’empio ergersi come cedro…“
“E cosa gli avete risposto?”
“Leggi il breviario tutti i giorni e non lo sai…?”
“Visto che sono molto sotto il Vostro caro Re David, non potreste supplire con una ripetizione, come per gli studenti rimandati?“
“Alfredo, non sai che, nelle complesse vicende umane, io vedo anche l’ultima puntata?
Quando mi hanno crocifisso, chi dei presenti, a parte la nostra Madre (quando ha detto “nostra Madre”, il tono era diverso, dolce e solenne nello stesso tempo), chi poteva prevederne i frutti?
E quando Longino mi colpì con disprezzo il Cuore, chi poteva prevederne l’esito?
Vedi, il diavolo è come quel poveretto che ha cercato di rovinare la Pietà di Michelangelo; solo che, se sopportate i suoi colpi nella fede, anziché rovinarvi vi rende più belli; più picchia forte più scolpisce in voi la mia immagine: lui lo sa, ma il suo odio gli impedisce di trattenersi“
A quel punto non mi sono trattenuto e l’ho sparata grossa: “Signore, volete forse dire che avete pronta la soluzione Luciani?“
Mi aspettavo come minimo un infarto, ma niente: chiusura della comunicazione, nonostante ripetuti atti di contrizione.
E così, veramente con la coda tra le gambe, ho completato i preparativi per la triste partenza. Stamattina ho celebrato la prima Messa nella mia nuova destinazione, un santuarietto – dove sono solo ospite – attiguo alla casa di riposo che mi funge da base d’appoggio.
Non sono riuscito a celebrare sull’Altare, perché la predella era troppo piccola per la sedia; e così ho sistemato la tavola calda (cito Guareschi) davanti all’altare della Madonna del Rosario.
Dopo l’ultima sparata, giustamente, avevo perso la comunicazione con il piano di sopra.
Ho celebrato dunque sulla tavola, guardando però la Madonna.
Alla fine, dopo il Magnificat di ringraziamento, risento la voce della Madre santissima: “Don Alfredo, grazie: erano più di cinquant’anni che non sentivo più la Messa di sempre, e che quest’altare è rimasto inutilizzato; hai celebrato sulla tavola, ma è come se avessi celebrato al mio altare“
“Madre, avete detto Messa di sempre, allora Voi siete… dei nostri“
Nella mia fantasia, mi sono immaginato che la cara Regina del Santissimo Rosario strizzasse l’occhio.
E così ho potuto concludere il ringraziamento: “Grazie, Madre Santa; ma sarà meglio che non lo dica a nessuno, se no Vi mandano il commissario“
E così ho potuto concludere il ringraziamento: “Grazie, Madre Santa; ma sarà meglio che non lo dica a nessuno, se no Vi mandano il commissario“
fonte: messainlatino.it