“Il cristiano non deve essere tiepido”, perché “la tiepidezza discredita il cristianesimo”. Al contrario, “la fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere; diventa grande passione del mio essere e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione”. Sono le parole pronunciate dal Papa, che è intervenuto oggi a braccio, con una meditazione durante l’ora media, nella prima sessione di lavori del Sinodo dei vescovi. “L’Apocalisse – ha spiegato Benedetto XVI – ci dice che questo è il più grande pericolo del cristiano: no, che dica no; ma che dica un sì molto tiepido”. In una prospettiva cristiana, ha aggiunto, “la verità diventa in me carità e la carità accende come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere dell’altro per la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta”. “La cultura umana – ha fatto notare il Santo Padre – comincia nel momento nel quale l’uomo ha il potere di creare fuoco: con il fuoco posso distruggere, ma con il fuoco posso trasformare, rinnovare. Il fuoco di Dio è fuoco trasformante, fuoco di passione – certamente – che distrugge anche tanto in noi, che porta a Dio, ma fuoco soprattutto che trasforma, rinnova e crea una novità dell’uomo, che diventa luce in Dio”. Di qui l’auspicio che la “confessio” della fede “sia in noi fondata profondamente e che diventi fuoco che accende gli altri: così il fuoco della sua presenza, la novità del suo essere con noi, diventa realmente visibile e forza del presente e del futuro”. Nella prima parte del suo discorso a braccio, il Papa si è soffermato sul significato della parola “evangelium”: “Vangelo – ha detto – vuol dire che Dio ha rotto il suo silenzio, Dio ha parlato, Dio c’è. Questo fatto come tale è salvezza: Dio ci conosce, Dio ci ama, è entrato nella storia”. “Come possiamo far arrivare questa realtà all’uomo di oggi, affinché diventi salvezza?”, si è chiesto il Papa. “Noi non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui. La Chiesa non comincia con il fare nostro, ma con il fare e il parlare di Dio. La prima parola, l’iniziativa vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina possiamo anche noi divenire evangelizzatori”. Dio solo, dunque, “può creare la Chiesa”, e “quando noi facciamo nuova evangelizzazione è sempre cooperazione con Dio”, ha spiegato Benedetto XVI, ricordando che per i cristiani “la ‘confessio’ non è’ una parola; è più che il dolore, è più che la morte. Chi fa questa ‘confessio’ dimostra così che realmente quanto confessa è più che viva, è la vita stessa, è il tesoro, è la perla preziosa e infinita”.