L’uso di dare la Comunione in bocca può risalire a Gesù?
di don Nicola Bux,
da Scuola Ecclesia Mater, del 29.07.2012
Il Santo Padre, non solo pronunziò il noto discorso del 22 dicembre sull’interpretazione del concilio ecumenico Vaticano II, che invitava a compiere nel senso della riforma in continuità con la tradizione della Chiesa (Ecclesia semper reformanda), ma lo ha pure messo in pratica nella liturgia. In primis, facendo ricollocare il Crocifisso dinanzi a sè sull’altare, in modo che la preghiera del sacerdote e dei fedeli sia “rivolta al Signore”.
Qui però, mi soffermo sulla seconda ‘innovazione’ di Benedetto XVI: l’amministrazione della S.Comunione ai fedeli, in ginocchio e in bocca. Dico ‘innovazione’, rispetto al noto indulto che in diverse nazioni consente di riceverla sulla mano.Infatti, si ritiene da non pochi, che solo nella tarda antichità-alto medioevo, la Chiesa d’Oriente e d’Occidente abbia preferito amministrarla in tal modo. Allora, Gesù ha dato la Comunione agli Apostoli sulla mano o chiedendo di prenderla con le proprie mani?
Visitando la mostra del Tintoretto a Roma, ho osservato alcune ‘Ultime Cene’ in cui Gesù dà la Comunione in bocca agli Apostoli: si potrebbe pensare che si tratti di una interpretazione del pittore ex post, un po’ come la postura di Gesù e degli apostoli a tavola nel Cenacolo di Leonardo, che ‘aggiorna’ alla maniera occidentale l’uso giudaico dello stare invece reclinati a mensa. Però, riflettendo ulteriormente, l’uso di dare la S.Comunione direttamente in bocca al fedele, può essere ritenuto non solo di tradizione giudaica e quindi apostolica, ma anche risalente al Signore Gesù. Gli ebrei e gli orientali in genere, avevano ed hanno ancor oggi l’usanza di prendere il cibo con le mani e di metterlo direttamente in bocca all’amata o all’amico. Anche in occidente lo si fa tra innamorati e da parte della mamma verso il piccolo ancora inesperto.Si capisce così il testo di Giovanni 13,26-27: “Gesù allora gli (a Giovanni) rispose: ‘E’ quello a cui darò un pezzetto di pane intinto’. Poi, intinto un pezzetto di pane, lo diede a Giuda di Simone Iscariota. E appena preso il boccone il satana entrò da lui”.
Mons.Athanasius Schneider ha compiuto ottimi approfondimenti nel suo libro Dominus est, Lev 2009.
Che dire però dell’invito di Gesù: “Prendete e mangiate”…”Prendete e bevete” ? Prendete (in greco: lavete; in latino: accipite), significa anche “ricevete”. Se il boccone è intinto, non lo si può prendere con le mani, ma ricevere direttamente in bocca. Vero è che Gesù ha consacrato separatamente pane e vino, ma, se durante il Mistico Convito – come lo chiama l’Oriente – ossia l’Ultima Cena, i due gesti consacratori avvennero, come sembra, in tempi diversi della Cena pasquale – quando gli Apostoli, forse aiutati dai sacerdoti giudaici che si erano convertiti (Atti 6,7) quali esperti diremmo così nel culto, li unirono all’interno della grande preghiera eucaristica – la distribuzione del pane e del vino consacrati fu collocata dopo l’anafora, dando origine al rito di Comunione. Agli inizi, le comunità cristiane erano piccole e i fedeli facilmente identificabili. Con l’estendersi della cristianità, nacquero le esigenze di precauzione: affinchè le sacre specie fossero amministrate con riverenza e evitando la dispersione dei frammenti, che contengono il Signore realmente e interamente. Pian piano prende forma la Comunione sotto le due specie, date consecutivamente o per intinzione. Infine in occidente, ordinariamente sotto la sola specie del pane, perchè la dottrina cattolica, garante san Tommaso, insegna che il Signore Gesù è tutto intero in ciascuna specie (Catechismo della Chiesa Cattolica 1377).
Però, dai sostenitori della Comunione sulla mano, si fa appello a san Cirillo di Gerusalemme, il quale, chiedendo ai fedeli di fare della mano un trono al momento di ricevere la Comunione, vuol dire che consegnava la specie del pane sulla mano. Ritengo sommessamente che l’invito a disporre le mani in tal modo, possa essere inteso non al fine di riceverla in esse, ma a protenderle, anche inchinando il capo, in un unico atto di adorazione, oltre che per prevenire la caduta di frammenti. Infatti, per l’innato senso del sacro, molto forte in Oriente, si affermava sempre più la riverenza verso il Sacramento con le precauzioni nell’assumere la Comunione in bocca, per molteplici ragioni, tra cui quella di non poter garantire mani pure e in specie la salvaguardia dei frammenti. Questo nella Catechesi Mistagogica 21. Ciò rende più comprensibile la sentenza di sant’Agostino: “nemo autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando”. Non si deve mangiare il Corpo del Signore senza averlo prima adorato. Benedetto XVI l’ha richiamata significativamente proprio nel suaccennato discorso sull’interpretazione del Vaticano II e poi nell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis 67.
Ancora Cirillo o i suoi successori, nella Catechesi Mistagogica 5,22, invita a “Non stendere le mani, ma in un gesto di adorazione e venerazione (tropo proskyniseos ke sevasmatos) accostati al calice del sangue di Cristo”. Di modo che, l’apostolo fa proskinesis, la prostrazione o inchino fino a terra – simile alla nostra genuflessione – protendendo allo stesso tempo le mani come un trono, mentre dalla mano del Signore riceve in bocca la Comunione. Così sembra efficacemente raffigurato dal Codice purpureo di Rossano, risalente tra la fine del V e l’inizio del VI secolo d.C., un Evangelario greco miniato composto sicuramente in ambiente siriaco. Dunque, non deve meravigliare il fatto che la tradizione pittorica orientale e occidentale,dal V al XVI secolo abbia raffigurato Cristo che fala Comunione agli apostoli direttamente sulla bocca. Il Santo Padre, in continuità con la tradizione universale della Chiesa, ha ripreso il gesto. Perchè non imitarlo? Ne guadagnerà la fede e la devozione di molti verso il Sacramento della Presenza, specialmente in un tempo dissacratorio come quello odierno.