di Antonio Margheriti Mastino
LA CHIESA “PIENA DI SOLDI E TESORI”
Potrei farvi un pippone da paura, buttandoci dentro persino von Balthasar, il teologo della bellezza, ma per principio cerco di bandire i teologi (così, per non perdere la fede) da ogni luogo dove poso la mia penna e faccio sibilare la mia lingua. E bandisco pure tutti gli altri. Parlo io solo, come semplice inquilino della chiesa, concentrandomi sull’essenziale, per dirla con Jean Guitton (filosofo che non bandisco e privatamente leggo). Molti pupazzi discettando di chiesa iniziano con la solita storia: “La chiesa pieni di soldi…i vescovi e i papi pieni d’oro…”. Questi sono troppo inferiori: non meritano risposta. Andassero a lavorare in fabbrica, si mangiassero la loro spesa proletaria, meditassero andando a giocare a scopone scientifico nella casa del popolo, tornassero a dormire promiscuamente nella loro comune in edificio abusivamente occupato. E tacessero. Mi preoccupo invece di altri personaggi più sottili, interni alla chiesa, serpentelli che fanno vibrare nell’aria la loro linguetta velenosa spennellata veltronianamente di miele: i prodi pauperisti impregnati di culturame catto-democratico, i populisti del giorno dopo, da Azione Cattolica, da cattolico socialmente utile, quelli così buoni da essere dei buonisti appunto… laticlavio di ogni ipocrita nemico che si traveste mellifluamente da amico dell’universo mondo. Questi sono pericolosi. Ebbero persino la meglio negli anni ’70-’80, e da allora ancora ce ne portiamo le loro pezze al culo. In genere, semplificando, iniziano i loro discorsi con:
1 I bambini che muoiono di fame… in una non meglio identificata Africaaaa
2 Cristo era povero e magari pure socialista: falsa l’una e l’altra cosa che si inventò in un best-seller mondiale un miserabile scrittore romantico -e massone- francese a fine ’800;
3 La chiesa deve essere semplice, come era semplice la chiesa dei primi tempi, altrimenti la gente si allontana. Bugia: a parte il fatto che come lo stesso cardinale simil-anglicano Carlo Maria Martini ha già detto, badiamo che una chiesa primitiva non è mai esistita, detto questo non ci resta che aggiungere che la gente si allontana invece dalla bruttezza non dalla bellezza: è già tanto brutta e grigia la loro vita, figurarsi se vogliono ritrovarsi una chiesa domestica
4 Eccetera eccetera: avete capito l’andazzo…
SI INIZIA CON LA “SEMPLICITÀ” E SI FINISCE AL SILENZIO
Ora, premesso che questi lupi travestiti da agnelli, per chiesa semplice intendono ridotta alla fame, dalla richiesta di semplicità materiale, è sicuro poi passeranno alla pretesa di puro spiritualismo, e quindi a: la chiesa non si deve impicciare di politica, dunque delle cose del mondo ché siamo cattolici adulti, e allora anche di cosa la gente fa a letto, e non deve comparire troppo sulle tv pubbliche sennò… ingerisce, e in nome della povertà sua e degli altri non deve ricevere soldi pubblici, e non deve esibire pubblicamente se stessa, e nessuno può portare in pubblico simboli che si richiamino alla fede per non offendere i talebani annidati a Parigi, e se parla del suo Cristo nei luoghi pubblici questo è lavaggio del cervello: la chiesa vuole pregare? Pregasse! Chiusa in chiesa. O possibilmente i cattolici si ritirassero dentro le case private, da soli. Questo è: così nasce e cresce e muore la teoria della semplicità. Fame e silenzio per la chiesa. Il suicidio sociale. In nome della sensibilità non si è capito di chi: dei comunisti? Ma se il sogno di sempre dei comunisti è fare dei propri figli esponenti dell’aristocrazia delle professioni: quelle dove non fai niente e guadagni tantissimo. Dei liberal-radicali, allora? Ma se sono tutti esponenti della borghesia benestante. Mandateli in galera questi qui, in nome di Allah!
MA PER CASO IL “POVEROOO” È QUELLO CHE NON HA SOLDI?
Veniamo a noi. Abbiamo visto le cattedrali gotiche, abbiamo visto le cupole rinascimentali, gli straordinari altari maggiori barocchi, i supremi geni della bellezza al servizio della chiesa, abbiamo visto paramenti spettacolari… Tutto abbiamo visto, perchè tutta la bellezza dell’Occidente è stata costruita con il gusto per la crezione e il recupero della cultura e delle culture, il mecenatismo, i sacrifici della chiesa cattolica, della chiesa insieme ai suoi fedeli più devoti, fossero principi o contadini; tutti partecipavano all’impresa, tutti volevano fare meglio di quelli del comune accanto, chi donando qualcosa chi offrendo il suo lavoro e la sua specializzazione o il suo senso estetico. Ad maiorem Dei gloriam. Le cattedrali infatti erano colossali imprese collettive che occupavano intere generazioni di volontari di una comunità. L’anima si alimenta anche con le opere buone, questo il cattolico lo sa, non solo con le parole buone e buoniste, come vorrebbero i cattolici pauperisti. E sa, il cattolico fedele, lo ha sempre saputo (poi se ne è scordato per ideologismo a partire dal 1968) che le opere buone devono prima essere indirizzate alla gloria di Dio, poi al bene degli uomini poveri. “Date agli uomini pane e paradiso” diceva don Guanella. E anche qui: il soccorso al bisognoso deve essere finalizzato a santificarsi prestandogli aiuto, onorare Dio occupandosi di questo suo figlio sfortunato, curare dopo i bisogni materiali i bisogni spirituali dell’indigente, fargli capire che quanto tu per lui fai lo fai in nome del comune Padre, Dio. Altrimenti non hai fatto altro che prolungare di un po’ la vita a un futuro cadavere senza immortalarne l’anima. Salute del corpo e dell’anima, è il binomio inscindibile del cattolico, del seguace di Cristo: che ve lo devo ricordare io quanto Gesù rispose al Tentatore? “Non di solo pane…”. Manco a dire una cosa del solo Nuovo Testamento, dove magari gli ebrei potrebbero eccepire: il Messia cita ciò che già stava scritto, per mano dei profeti, nell’Antico Testamento. Giusto per dire che in materia non c’è novatore che possa darci lezione.
INIZIANO COL CONDANNARE LA “NON-POVERTÀ”, FINISCONO PER DIVINIZZARE IL DENARO. COME FRA’ DOLCINO
C’è questo particolare, nei pazzi furiosi dei cattolici pauperisti e umanitaristi un tanto al chilo, che rivela discretamente la natura ignorante (dottrinalmente) e ideologica (materialistica) della loro posizione: parlando del poverooo si riferiscono solo e solamente a colui che non ha soldi. Travisando oltretutto, e in malafede, l’insegnamento del Cristo che invita al distacco dai beni materiali non alla miseria. Ora, proprio loro che condannano il capitalismooo, paradossalmente vanno a divinizzare quel che poi è il marchio di fabbrica del capitalismo, il denaro, quale panacea di tutti i mali e portatore di ogni sollievo. Ma questa è l’apocalisse! Poi ti accusano, tremenda contraddizione, la chiesa di avere tesori: a parte che questo è ipocrita moralismo luterano, quando sappiamo poi che il calvinismo giunge alla fine ad aizzare alla produzione di ricchezza quale segno di grazia, detto ciò allora tutti per loro dovrebbero essere (è sottinteso) non-poveri, tranne la chiesa; si deve combattere la fame nel mondo ma la chiesa invece per dare l’esempio deve ridursi alla fame: dare esempio di cosa? Di invitare a perorare ciò che invece si vorrebbe annientare: la fame? Non date perle ai porci, per piacere meh! Non mi è sfuggita una cosa sul Vangelo: che Gesù dice che i poveri ci accompagneranno sempre, fino alla fine dei tempi. Guardacaso. Suppongo parlasse prima di tutto dei poveri di spirito. Aveva fatto i conti bene: a giudicare dai molti tromboni che volendo aiutare i poveri, con tutta la tonaca addosso, in America Latina imbracciarono il mitra e portarono marxismo e guerriglia, dandosi il nome di Teologia della Liberazione. Liberazione da chi? Ancora l’unica liberazione auspicabile sarebbe stata quella dal Demone, con tutti i suoi inganni e le sue tentazioni.
Mi sembrano tanti frati Dolcino, l’eretico medievale, che non aveva capito che la povertà è una scelta personale, va rivendicata per sé non per gli altri. Allora iniziò con l’ammazzare i religiosi e i principi ricchi; finì con l’impossessarsi dei loro beni diventando un porcellone folle che si diede a ogni sfarzo e piacere, sperperando tutto in orge e crimini (la ricchezza la sa gestire con criterio solo chi se la è guadagnata e chi l’ha ereditata venendo educato ad amministrarla come parte di se stesso, con responsabilità, dai propri genitori, dopo la dipartita di questi). Questi ipocriti invece, da cattolici dovrebbero pensare al povero come colui che non ha ricevuto la Grazia, al peccatore, all’uomo che non sa quel che fa e che dice, che si fa il male e lo fa agli altri, al povero di fede perchè senza il tesoro salvifico della fede in Dio. Altrimenti si cade nel materialismo da una parte e dall’altra (nella tendenza solo umanitaristica) si diventa solo recuperatori di corpi comunque destinati a invecchiare e morire, assistenti sociali, alla fine burocrati della beneficenza caduta dall’alto e del pietismo straccione. E per tutto questo non c’è bisogno della fede, delle scritture; non c’era bisogno neppure della crocifissione: un enorme spreco la croce se vista in questa prospettiva mondanissima più che ultramondana. Il verbo del cattolico è: soccorrere il bisognoso e salvarne prima il corpo e poi subito dopo l’anima: i cattolici devono rendere servizi completi.
L’UNICA COSA CHE PUÒ CREARE L’UOMO È LA BELLEZZA. L’ANTICIPO DELLA GLORIA CELESTE
Dopo questa roba qui inevitale, spiego in poche parole cos’è la bellezza, e perchè è lo sfondo necessario nel culto divino e nella chiesa in generale. I pagani immolavano alla divinità quanto di prezioso avevano, ciò che avevano di vivo: i sacrifici animali, animali però importanti per il gruppo, che davano latte, pelli, carni, stava qua il senso del loro sacrificio. Altri addirittura, come nell’America precolombiana e precristiana, facevano sacrifici umani (furono i cristiani a proibirgli simili pratiche), migliaia di sacrifici, supremo sacrificio. Siccome il nostro Dio è un Dio civile (è Padre), perchè è il vero Dio, non gradisce gli siano innalzati, è scritto nei salmi, sacrifici di essere viventi. Allora come si può degnamente onorare Dio? Fra le altre cose, con la BELLEZZA! Perchè la Bellezza? A Dio non bisogna dare gli scarti, dopo che noi non ci priviamo di nulla: triplo cellulare, doppio pc, doppia casa, una macchina per ogni componente la famiglia: nulla ci facciamo mancare. Il trionfo del superfluo! Salvo poi lamentarci che il prete ha chiesto un’offerta per il tetto sfondato della chiesa o per mettere una banda alla processione o perchè si fa un pavimento di marmo nella navata. Bisogna rendere a Dio un parte delle nostre piccole fortune: anzitutto perchè è Dio e va adorato, secondo, perchè tutto ciò che abbiamo ci è stato concesso da Lui. E’ un ringraziamento. Non possimo uscircene con cose scadenti e brutte da utilizzare nel culto, mentre per le nostre persone e abitazioni scegliamo gli arredamenti, gli indumenti e i monili se non sempre preziosi almeno che appaiano tali, costosi in ogni caso. Ora è chiaro pure che non si richiedono calici di oro massiccio, ostensori con vere pietre preziose: non si può arrivare a tanto. Però si può esigere, avere cura di far preparare o acquistare una tovaglia da altare fatta a tombolo con magnifici ricami a mano; un calice ben cesellato; una pianeta di ottima e sofisticata fattura; un altare ben curato… gli esempi sono tanti. Cose belle. Perchè cosa può offrire di materiale l’uomo a Dio? Nulla! Non servono le cose materiali a Dio: le ha create per noi, affinchè possiamo goderne, viverci, lavorarci, dopodichè ringraziarlo di tutto il creato che ci ha donato. L’unica cosa che di materiale possiamo offrire, innalzare a Dio, come pegno di riconoscenza e omaggio, è il prodotto della nostra intelligenza, quindi del lavoro certosino e minuzioso che ne deriva: è la bellezza. L’unica cosa che l’uomo può produrre da sé che possa essere degnamente innalzata a Dio è solo la bellezza, le cose belle. Nelle cose belle si assiste al concentrarsi su un oggetto di tutte le nostre virtù migliori per produrlo: l’intelligenza, la sapienza, il lavoro, l’esperienza, la pazienza, lo zelo, la collaborazione, l’amore, il gusto, la voglia di fare meglio, la precisione, la generosità, il tempo: tutto! E tutto a maggiore gloria di Dio. Un calice o una pianeta, saranno magari fatti di materiali non fra i più preziosi, ma saranno comunque forgiati così bene da essere nobilitati dalla bellezza complessiva delle loro forme, dal lavoro magistrale compiuto. Con la bellezza innalziamo a Dio la nostra stessa intelligenza, i nostri sensi (e stimoliamo quelli degli altri nel culto) che hanno preso forma nell’arredo sacro, piccolo decimale simbolico ritorno al Creatore del Tutto che ci ha fornito. Un segno di riconoscenza da parte nostra: anche questa è preghiera. Allo stesso modo nella celebrazione il prete, il vescovo sarà vestito di paramenti preziosi: egli davanti all’altare del Sacrificio Supremo, non è più uno di noi, egli è il Sacerdos, cioè letteralmente l’addetto al Sacro, che in quanto tale si separa degli altri e dal mondo profano (come separati dagli oggetti profani saranno le suppellettili liturgiche, perciò sacre), dalle sue impurità, si riveste del sacerdozio regale, e non è più lui ma l’Alter Christus, e Cristo stesso.
Ecco le ragioni della bellezza. Ma vi è anche la ragione di fondo, spiegata da papa Benedetto, in Introduzione allo spirito delle Liturgia. Il fedele deve partecipare al Culto Divino con tutti i sensi, nella sua totalità: olfatto, vista, gusto, tatto, udito soprattutto. Perchè la Messa con le sue musiche trionfali (la Messa antica soprattutto… ahimè non si può quasi mai dirlo della Nuova), unita alla solennità delle formule nella lingua sacra usata solo per rivolgersi a Dio, alla maestà dell’edificio santo, fra incensi e salmodiare, in questa bellezza che ferisce, sia un anticipo terreno del soprannaturale che ci attende, del tripudio degli angeli e della gloria celeste. Che non avrà mai fine!
da papalepapale.it