18. Orate, fratres

XVIII – ORATE, FRATRES

II sacerdote, dopo aver baciato l’altare, si volta verso il popolo e lo saluta dicendo: Orate, fratres: ut meum ac vestrum sacrificium acceptabile fiat apud Deum Patrem omnipotentem, “Pregate, fratelli, perché il mio sacrificio, che è anche il vostro, sia accetto a Dio Padre onnipotente”.
È una specie di congedo che il sacerdote rivolge al popolo, perché non si volterà più verso di esso finché il Sacrificio non sia stato consumato. Ma questa non è la formula ordinaria di congedo; infatti prima di salire all’altare, il sacerdote aveva detto semplicemente: Dominus vobiscum. Qui si raccomanda alle preghiere dei fedeli, affinchè questo Sacrificio, che appartiene al sacerdote e ai fedeli, sia gradito a Dio. Il Sacrificio è del sacerdote, perché egli ne è l’agente; è dei fedeli, perché Gesù Cristo lo ha istituito a loro profitto: ecco perché il sacerdote si sofferma a lungo sulle parole: meum ac vestrum sacrìficium, “il mio sacrificio, che è anche il vostro”.
Per questa stessa ragione il sacerdote richiama l’attenzione dei fedeli, invitandoli a stare sempre più attenti. Essi non devono dimenticare che hanno la loro parte nel sacerdozio, come afferma san Pietro chiamando i fedeli “sacerdozio regale”, regale sacerdotium (1 Pt 2,9), perché sono cristiani. Essi, infatti, vengono da Cristo, sono di Cristo, sono stati unti e, per il battesimo, sono divenuti altrettanti “cristi”; bisogna, di conseguenza ch’essi possano offrire il santo Sacrificio in unione al sacerdote.
Così, a questo invito del sacerdote, rispondono con grande effusione: Suscipiat Dominus sacrìficium de manibus tuis ad laudem, et glorìam nominis sui ad utilitatem quoque nostram, totiusque Ecclesiae suae sanctae, “Riceva il Signore il sacrificio dalle tue mani, a lode e gloria del suo nome, per la nostra utilità e per quella di tutta la sua santa Chiesa”. Il Messale porta tra parentesi la parola meis invece di tuis, qualora il sacerdote fosse obbligato a supplire all’assenza o all’ignoranza di chi gli serve la Messa.
Dopo aver dato al sacerdote questa risposta, i fedeli devono pensare che non vedranno più il suo volto finché il Signore stesso non sia disceso sull’altare. La sua stessa voce si farà udire una sola volta, per la grande e magnifica preghiera di ringraziamento, ossia il Prefazio.
Ma prima di quel momento il sacerdote raccoglie i voti dei fedeli in un’orazione che dice a bassa voce e che per tale ragione sì chiama Secreta. Poiché prega in silenzio, non fa precedere la sua preghiera dalla parola Oremus, “preghiamo”, perché non invita i fe?deli a pregare con lui. Negli antichi Sacramentari, come quello di san Gregorio, per esempio, quest’orazione era indicata come Oratio super oblata.

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