Negli ultimi cent’anni, pochi passi del Vangelo sono stati oggetto di discussioni tanto veementi e appassionate, poiché, secondo quanto pretendono alcuni, la formulazione attuale non corrisponderebbe all’originale scritto da Matteo, ma si tratterrebbe di un testo manipolato intorno all’anno 130 per giustificare il primato di Pietro e dei suoi successori sui suoi fratelli nell’episcopato.
Invece, per secoli nessuno aveva messo in dubbio l’autenticità di questo passo. È stato necessario aspettare l’infiltrazione del razionalismo nell’esegesi biblica nel secolo XIX e lo storicismo protestante del secolo XX, perché cominciassero i tentativi di squalificarla.
Di particolare importanza per il tema che ci riguarda è la storia dei primi secoli della Chiesa, perché si scontra frontalmente con la gratuita supposizione che il primato di giurisdizione universale del Romano Pontefice sia stato un’invenzione posteriore rispetto ai tempi apostolici.
Ora, già nella lettera inviata da Papa San Clemente ai fedeli di Corinto, a proposito della ribellione avvenuta in questa comunità intorno all’anno 96, è evidente il primato romano. Infatti, in essa il Pontefice non chiede scusa per essersi immischiato nelle questioni interne di un’altra Chiesa – come sarebbe normale, nel caso fosse un semplice primus inter pares, capo di un’altra Chiesa sorella -, bensì per non avere avuto l’opportunità di intervenire nella questione con più rapidità; avverte che chiunque non obbedirà ai suoi ammonimenti correrà il pericolo di commettere peccato grave e si mostra convinto che la sua attitudine è ispirata dallo Spirito Santo. D’altra parte, la lettera fu accolta a Corinto senza resistenze e considerata come un grande onore, al punto che sempre nell’anno 170, secondo testimoni, era letta nella liturgia domenicale.
Sant’Ignazio di Antiochia nella lettera ai Romani. Il suo saluto iniziale alla chiesa di Roma è assai diverso da quello rivolto alle altre chiese: essa non è soltanto “la chiesa amata e illuminata per volontà di colui che ha voluto tutte le cose che sono secondo la carità di Cristo”; è ancora la chiesa “che presiede nel luogo della regione dei Romani, degna di Dio, degna di onore, degna di beatitudine, degna di lode, bene ordinata, casta e che presiede alla carità, avendo la legge di Cristo e il nome del Padre”. Gli studiosi si sono impegnati a decifrare soprattutto le espressioni: “presiede nel luogo della regione dei Romani”, e “presiede alla carità”. Chi ci vede affermata una preminenza solo morale, dovuta alla generosa attività caritativa di quella chiesa, e chi un riconoscimento della sua autorità. E’ uno dei tanti testi, concernenti il nostro tema, che difficilmente si possono leggere senza farsi influenzare dalle proprie convinzioni previe. E’ interessante comunque notare da un lato il rispetto manifestato da Ignazio verso la Chiesa di Roma, alla quale non osa dare ordini, perché essa li ha ricevuti dagli Apostoli Pietro e Paolo (IV,3) e essa stessa ha insegnato e comandato agli altri (III,1), dall’altro il suo assoluto silenzio circa la presenza di un vescovo a Roma, mentre l’accenno non manca nelle sue lettere dirette alle chiese dell’Asia minore. A Roma in questo tempo non era ancora avvenuto il passaggio dal collegio dei presbiteri all’episcopato monarchico nella direzione della chiesa, anche se Clemente, l’autore della lettera, doveva ricoprire un ruolo eminente.”
La posizione di preminenza della chiesa romana nel II sec. è testimoniata anche dal gran numero di cristiani, ortodossi e eretici, che vi accorrono: il martire Giustino vi istituì una scuola di filosofia; Policarpo, vescovo di Smirne, martirizzato nel 167, vi venne a consultare il papa Aniceto sulla questione della Pasqua[1]; il giudeo-cristiano Egesippo vi dimorò a lungo allo scopo di stabilire l’ordine della successione apostolica dall’inizio fino al papa Eleuterio[2]. Soprattutto le visite di questi ultimi mostrano che la preminenza della chiesa romana non era legata tanto al fatto di essere nella capitale dell’impero, quanto a motivi religiosi. Ciò appare confermato dalle testimonianze di diversi autori del II secolo, riferite da Eusebio di Cesarea: sia Papia di Gerapoli che Clemente Alessandrino nei loro scritti avrebbero parlato della predicazione romana di Pietro, associandogli l’evangelista Marco[3]; Dionigi di Corinto verso il 170 avrebbe attestato la missione apostolica e il martirio sia di Pietro che di Paolo a Roma[4]; il presbitero romano Gaio, nei primi anni del III secolo, si diceva in grado di mostrare sul colle Vaticano e sulla via Ostiense le tombe dei due Apostoli, “che hanno fondato questa chiesa”[5]. La preminenza della chiesa di Roma nel II sec., insomma, appare legata non tanto a fattori politici, quanto al ricordo della dimora, dell’insegnamento e del martirio di Pietro e di Paolo nella città.
Ireneo e Tertulliano sugli stessi motivi insistono anche teologi importanti come Ireneo e Tertulliano, quando, per combattere gli gnostici, sono costretti ad appellarsi alla regola della fede, trasmessa dalla tradizione apostolica, fedelmente conservata a Roma attraverso la successione apostolica. Grande rilievo assume la posizione di Ireneo, vescovo di Lione nella seconda metà del II sec., ma originario dell’Asia minore. Egli indica nella comunione con la chiesa di Roma il criterio sicuro per conoscere l’autentica regola della fede, trasmessa dalla tradizione apostolica; e per dimostrare la ininterrotta successione dei vescovi romani dagli apostoli Pietro e Paolo, ne riferisce la lista completa. Egli è convinto che la Chiesa di Roma “è la chiesa più grande e più antica, conosciuta da tutti e stabilita a Roma dai due gloriosi apostoli Pietro e Paolo… Pertanto a questa chiesa propter potentiorem principalitatem deve convergere ogni altra chiesa, cioè i fedeli che sono dovunque, perché in essa è stata sempre custodita la tradizione che viene dagli Apostoli da coloro che sono dovunque”. Potentior principalitas non pare che voglia dire una più potente autorità, quanto piuttosto una più alta origine. Anche così, il discorso di Ireneo non lascia dubbi: riconosce il ruolo preminente della chiesa di Roma nell’accertamento della fede e della comunione cattolica.
Sant’ Ambrogio non solo fu un baluardo a difesa della fede cattolica contro l’eresia ariana, ma si adoperò a difendere anche il Vescovo di Roma, Papa Damaso contro l’antipapa Ursino. Egli così riconosceva la funzione ed il primato del Vescovo della Città Eterna (in quanto successore di Pietro) come centro e segno di unità per tutti i cristiani.
È a lui che si deve la famosa frase che recita: “Ubi Petrus, ibi Ecclesia” (Dove c’è Pietro, lì c’è la Chiesa), e l’altra: “In omnibus cupio sequi Ecclesiam Romanam” e cioè “In tutto voglio seguire la Chiesa Romana” quasi un’attestazione del primato della Chiesa di Roma, sul quale la discussione andrà avanti per secoli e, come si sa, non è ancora finita.
Per i suoi molteplici scritti teologici e scritturistici è uno dei quattro grandi dottori della Chiesa d’Occidente, insieme a Gerolamo, Agostino e Gregorio Magno.
“Dunque, egli che prima taceva per insegnarci che di quel che dicono gli empi non si deve ripetere neanche una parola, quando si sentí domandare: Ma voi chi dite che io sia?, subito, ben consapevole della sua autorità, esercitò il primato: un primato di confessione e non di onore, un primato di fede e non di rango. Vale a dire: ‘Ora nessuno deve vincermi. Debbo riscattare il mio silenzio, il mio silenzio deve essere utile. La mia lingua non ha spine, la professione di fede deve uscire senza impedimento. Mentre gli altri vomitano il fango dell’empietà, pur ripetendo con le loro labbra affermazioni altrui, dicendo che Cristo è Elia o Geremia o uno dei profeti – e queste parole sono ricoperte di fango e cosparse di spine -; mentre alcuni detergono questo fango e in altri si strappano queste spine, la nostra voce faccia riecheggiare che ‘ Cristo è Figlio di Dio’. Le mie parole sono pure e nessuna espressione di empietà vi ha lasciato spine.
Sant’Ambrogio, Il mistero dell’incarnazione del Signore, IV, 32
“Tale è Pietro che rispose davanti agli altri, anzi per gli altri. E viene denominato fondamento perché sa custodire un bene che non è soltanto suo proprio ma di tutti. Cristo confermò la sua testimonianza e ‘glielo rivelò il Padre’. Chi esprime la vera generazione del Padre non può averla appresa dalla carne, ma deve averla appresa dal Padre. Dunque il fondamento della Chiesa è la fede. Non della carne di Pietro ma della sua fede è stato detto che ‘le porte della morte non prevarranno su di lui’: è la sua professione di fede che ha vinto l’inferno. E questa professione di fede non ha allontanato una eresia soltanto. Infatti, sebbene la Chiesa come una solida nave sia continuamente colpita da molti flutti, il fondamento della Chiesa deve prevalere contro tutte le eresie.”
Sant’Ambrogio, Il mistero dell’incarnazione del Signore, IV, 33
Per capire bene ciò che pensava Sant’Ambrogio sul primato di Pietro, bisogna leggere anche altri testi di lui che parlano di San Pietro:
“Tu dunque, o uomo, sei un pesce. Senti qui perché sei un pesce: ‘Il Regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che ha raccolto ogni genere di pesci; e quando è piena, la si tira alla spiaggia, ci si siede e si fa la raccolta dei buoni in ceste, e i cattivi si gettano via. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi di mezzo ai buoni, e li getteranno nella fornace accesa’. Ci sono dunque pesci buoni e pesci cattivi, i buoni sono riservati al premio, i cattivi vengono subito bruciati. Ma un buon pesce, le reti non lo avviluppano, bensì lo sollevano in alto, né l’amo ne fa strage ma lo irrora col sangue sgorgato da una preziosa ferita: e in bocca gli si trova la buona valuta della fede, con cui pagare le tasse degli apostoli e il tributo di Cristo. Così infatti sta scritto, quando il Signore disse: ‘I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli, o dagli altri?’ E avendo risposto Pietro: ‘Dagli altri’, il Signore continuò: ‘Va’ al mare, getta l’amo, e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca, e vi troverai uno statere. Prendilo, e dàllo a loro per me e per te’.
Tu dunque, che sei un buon pesce, non temere l’amo di Pietro: esso non stermina, ma santifica. Non ti credere senza valore, vedendo che il tuo corpo è debole. In bocca hai da chi pagare sia per Pietro, sia per Cristo. Non temere le reti di Pietro, a cui Gesù disse: ‘Prendi il largo e cala le reti’; egli non getta a sinistra, ma a destra, come glie lo ha ordinato Cristo. Non temere le ampie maglie, poiché gli è stato detto: ‘Da questo momento darai la vita agli uomini’. Per questo egli gettò la rete, e prese Stefano, che fu il primo a venire a galla dal Vangelo con lo statere della giustizia in bocca.”
Sant’Ambrogio, Exameron, 6,15-16
“Al suo segnale, si rianima il navigante, si placano le infide onde del mare, al suo canto, anche la Pietra della Chiesa lava nel pianto.”
Sant’Ambrogio, Inni I, 4.
“Io bramo seguire in ogni cosa la Chiesa di Roma; però anche noi abbiamo il nostro modo di pensare, come tutti gli uomini: quindi ciò che altrove si osserva con buone ragioni, anche noi, con buone ragioni, lo teniamo in vigore.
Io non faccio che seguire l’apostolo Pietro, sto fedelmente attaccato alla sua pietà. Che cosa può rispondere su questo punto la Chiesa di Roma? Colui che ci ispira questo atteggiamento è proprio l’apostolo Pietro, il quale fu il vescovo della Chiesa di Roma, Pietro in persona, quando disse: ‘Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e la testa!’ Vedi quale fede! Se prima oppose un rifiuto, fu per umiltà, ma che in seguito abbia offerto se stesso, fu per devozione e per fede.”
Sant’Ambrogio, I sacramenti III, 5-6
Come possiamo vedere, tutto questo è in piena armonia con quello che dice la Chiesa Cattolica:
San Pietro ha il primato a causa della fede da lui confessata, ma rimane comunque il primo degli apostoli, il governatore della Chiesa di Cristo, il pastore della Chiesa di Cristo.
“Nel collegio dei Dodici Simon Pietro occupa il primo posto [Cf Mc 3,16; Mc 9,2; Lc 24,34; 552 1Cor 15,5 ]. Gesù a lui ha affidato una missione unica. Grazie ad una rivelazione concessagli dal Padre, Pietro aveva confessato: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Nostro Signore allora gli aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18). Cristo, “Pietra viva” (1Pt 2,4), assicura alla sua Chiesa fondata su Pietro la vittoria sulle potenze di morte. Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli [Cf Lc 22,32 ].”
Catechismo della Chiesa Cattolica, Numerale 552
“Gesù ha conferito a Pietro un potere specifico: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19). Il “potere delle chiavi” designa l’autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesù, “il Buon Pastore” (Gv 10,11) ha confermato questo incarico dopo la Risurrezione: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21,15-17). Il potere di “legare e sciogliere” indica l’autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina, e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesù ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli [Cf Mt 18,18 ] e particolarmente di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno.”
Catechismo della Chiesa Cattolica, Numerale 553
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S. Agostino († 430) «Il salvatore dice: tu sei Pietro e su questa pietra che tu hai confessata, su questa Pietra che tu hai riconosciuta esclamando tu sei il Cristo, il figlio dell’Iddio vivente, io edificherò la mia chiesa, vale a dire su me stesso, che sono il figlio dell’Iddio vivente» (Serm. 76; vedere anche Ser. 124, trattato su Giovanni) : non si può prendere questa frase tralasciando quello che viene detto immediatamente dopo “Edificherò te su di me, non me sopra di te” e anche quanto Agostino dice di lì a un minuto quando parla esplicitamente di primato di Pietro.
“DISCORSO 76
Di NUOVO SUL VANGELO DI MT 14, 24-33: SUL SIGNORE CHE CAMMINAVA SULLE ACQUE DEL
MARE E SUL TIMORE DI PIETRO : il brano del Vangelo ci racconta come Cristo Signore camminò sulle acque del mare e come l’apostolo Pietro camminando sull’acqua ebbe paura e tentennò e, poiché non aveva fede, stava affondando ma poi, riconoscendo la propria debolezza, venne di nuovo a galla; questo brano ci suggerisce che il mare è la vita presente e che l’apostolo Pietro invece è la figura dell’unica Chiesa. Lo stesso Pietro infatti, ch’è il primo nella serie degli Apostoli e assai ardente nell’amore per il Cristo, è spesso lui il solo che risponde per tutti gli altri.
Infine quando il Signore Gesù Cristo domandò ai discepoli chi la gente pensasse che egli fosse e i discepoli avevano riferito le diverse opinioni della gente, avendo il Signore chiesto di nuovo e avendo detto: Ma voi chi dite che sono io? fu proprio Pietro che rispose: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Diede la risposta uno solo per molti, l’unità che tiene uniti molti.
Allora il Signore gli disse: Beato te, Simone, figlio di Giona, poiché questa verità non te l’ha rivelata né la carne né il sangue, ma il Padre mio celeste. Poi soggiunse: E io ti dico. Come se avesse voluto dire: «Poiché tu mi hai detto: Tu sei il Cristo, il Figlio dei Dio vivente, anch’io ti dico; Tu sei Pietro». Prima infatti si chiamava Simone. Questo nome di Pietro gli fu posto dal Signore e questo nome aveva un significato simbolico, quello cioè di rappresentare la Chiesa. La pietra infatti era Cristo, Pietro era il popolo cristiano. Poiché «pietra» è il nome primitivo; Pietro quindi deriva da «pietra», non pietra da «Pietro», come il nome di Cristo non deriva da «Cristiano», ma è il nome di «Cristiano» che deriva da Cristo. Tu, dice dunque, sei Pietro e su questa pietra che tu hai riconosciuta pubblicamente, su questa pietra che tu hai riconosciuta come vera, dicendo: Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivente, io edificherò la mia Chiesa’, cioè sopra me stesso, Figlio del Dio vivente, io edificherò la mia Chiesa- Edificherò te su di me, non me sopra di te.
In verità alcuni, i quali volevano che la Chiesa fosse edificata sugli uomini, andavano dicendo: Io sono di Paolo; io invece sono di Apollo; io al contrario sono di Cefa, cioè di Pietro. Altri però, che non volevano che la Chiesa fosse edificata su Pietro, ma sulla pietra, affermavano: Io invece sono di Cristo. L’apostolo Paolo quindi, quando venne a sapere ch’era preferito lui e Cristo veniva disprezzato: Può forse – disse – essere diviso Cristo? E’ stato forse crocifisso per voi Paolo? Siete forse stati battezzati nel nome di Paolo? Come nessuno era battezzato nel nome di Paolo, cosi neppure nel nome di Pietro, ma tutti nel nome di Cristo; in tal modo Pietro veniva edificato sulla pietra, non già la pietra su Pietro.
Il medesimo Pietro dunque, cosi chiamato dalla « pietra », proclamato beato, lui ch’era figura della Chiesa, che aveva il primato sugli Apostoli, immediatamente dopo aver sentito ch’era beato, ch’era Pietro, che doveva essere edificato sulla pietra, avendo sentito che il Signore avrebbe sofferto la passione, poiché aveva preannunciato ai suoi discepoli che sarebbe sopravvenuta presto, ne provò dispiacere. Ebbe paura di perdere il Cristo che andava incontro alla morte, ch’egli aveva dichiarato sorgente della vita. Rimase sconvolto e disse: « Dio non voglia, Signore. No, questo non avverrà mai Abbi misericordia di te stesso, o Dio; non voglio che tu muoia ». Pietro diceva a Cristo: « Non voglio che tu muoia », ma meglio diceva Cristo: «Io voglio morire per te»”.
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Questo dice il testo di San Cipriano:
“Il Signore disse a Pietro: ‘Io ti dico che tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non la vinceranno. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato anche nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto anche nei cieli’. Il Signore edifica la sua Chiesa sopra uno solo…***
San Cipriano, L’unità della Chiesa Cattolica, IV
*** Esistono due testi di questo brano: il Textus Receptus: T. R.; il Textus Primatus: T. P. Quest’ultimo sarebbe favorevole al primato con le “addizioni”, sulle quali però Hertel richiamò l’attenzione degli studiosi. Dopo un primo rifiuto, queste addizioni furono oggetto di nuovo studio da parte del Chapman. Secondo lo studioso sarebbero state introdotte dallo stesso Cipriano in una riedizione del suo trattato. Per D. van Eynde, O. Perler e M. Bévenot il testo T. P. sarebbe la prima stesura di questo capitolo quarto, modificata successivamente secondo la stesura del T. R. Secondo Moyne solo il T. P. sarebbe autentico. Demoustier, sostiene che i due testi concorderebbero a proposito del primato.***
T. R.
“….anche se dopo la resurrezione egli conferisce un’eguale potestà a tutti gli apostoli con le parole: ‘Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi; saranno ritenuti a chi non li riterrete’, tuttavia per evidenziare l’unità dispose di sua autorità che l’origine della medesima procedesse da uno solo. Certamente anche gli apostoli erano ciò che era Pietro: erano insigniti di un’eguale partecipazione, sia di onore che di potere; ma l’origine viene dall’unità, affinché la Chiesa di Cristo si manifesti una sola.”
San Cipriano, L’unità della Chiesa Cattolica, IV
T. P.
“…Dopo la resurrezione gli dice: ‘Pasci le mie pecore’. Sopra uno solo edifica la Chiesa e a lui comanda di pascere le sue pecore. E benché dia a tutti gli apostoli un’eguale potestà, tuttaviacostituisce una sola cattedra e stabilisce con l’autorità della sua parola l’origine dell’unità.
Anche gli altri erano certamente ciò che era Pietro, ma il primato fu dato a Pietro di modo che si mostrasse una la Chiesa e una la cattedra. Tutti sono pastori, però il gregge è uno solo, poiché tutti gli apostoli lo pascolano con accordo unanime.
Chi non conserverà questa unità raccomandata anche da Paolo penserà forse di conservare la fede? Chi abbandonerà la cattedra di Pietro sulla quale è fondata la Chiesa penserà di essere ancora nella Chiesa?”
San Cipriano, L’unità della Chiesa Cattolica, IV
Comunque abbiamo altri testi di San Cipriano riguardo al primato di Pietro.
“Non si tratta qui di accettare per diritto di prescrizione una consuetudine; bisogna invece vincere attraverso la ragione. Infatti Pietro, che il Signore ha eletto per primo e sul quale ha edificato la sua Chiesa, durante quel sissenso che ha avuto con Paolo a proposito della circoncisione, non si è rivendicato qualche diritto con insolenza e orgoglio. No ha premesso di possedere il primato, non ha detto che sia i nuovi che i meno anziani devono obbedirgli. Non ha disprezzato Paolo, perché era stato prima persecutore della Chiesa, ma ha accettato il consiglio che proveniva dalla verità e con facilità ha dato il suo assenso alle legittime motivazioni che Paolo portava.”
San Cipriano, Epistola 71,3
– GIUSTINO MARTIRE (+165) scrive: “Uno dei discepoli, che prima si chiamava Simone, conobbe, per rivelazione del Padre, che Gesù Cristo è Figlio di Dio. Per questo, egli ricevette il nome di Pietro. L’affermazione di Gesù e il mutamento del nome sono quindi collegate alla confessione di fede di Pietro” ( è vero che è la piu’ antica interpretazione , ma poi contraddetta), come fu contraddetta l’afffermazione di San Girolamo sui libri deuterocanonici: ricordiamo che lo stesso San girolamo riconosce il primato di Pietro.
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ORIGENE:
“Ma se ritieni che solamente su quel Pietro Dio edifichi tutta quanta la Chiesa, cosa dirai allora di Giovanni, il figlio del tuono (15) o di ciascuno degli apostoli? Ma veramente oseremo asserire che le porte degli inferi non prevarranno su quel Pietro in particolare, mentre prevarranno sugli altri apostoli e sui perfetti? Non è che la suddetta promessa: le porte degli inferi non prevarranno su di essa e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, viene fatta in rapporto a tutti e ad ognuno di loro? (16). Dunque le chiavi del regno dei cieli sono consegnate da Cristo al solo Pietro, e nessun altro dei beati le riceverà? Ma se la promessa: a te darò le chiavi del regno dei cieli è comune ad altri, come non lo saranno tutte le parole precedenti e conseguenti rivolte a Pietro…? In realtà, qui sembrano rivolte a Pietro le parole: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato anche nei cieli, ecc. (17); ma nel Vangelo di Giovanni, il Salvatore è ai discepoli che dà lo Spirito Santo, col suo alitare, e dice: Ricevete lo Spirito Santo, ecc.
Orbene, molti diranno al Salvatore: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente 11, ma non tutti quelli che lo asseriscono glielo diranno per averlo appreso da una rivelazione della carne e del sangue, ma per aver lo stesso Padre che è nei cieli rimosso il velo posto sopra il loro cuore 12, affinché dopo ciò, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore 13, parlino nello Spirito di Dio, dicendo di lui: Gesù è il Signore 1 4 e dicendo a lui: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente (18). E se uno dice a lui questo, non perché glielo abbiano rivelato la carne e il sangue, ma il Padre che è nei cieli, riceverà dette promesse, come dice certo la lettera del Vangelo a quel Pietro, ma come insegna anche lo spirito del Vangelo a chiunque sia divenuto come quel Pietro.
Infatti, lo stesso nome di «pietra» hanno tutti gli imitatori di Cristo, pietra spirituale che seguiva coloro che erano salvati, affinché ne attingessero la bevanda spirituale (19). Costoro dunque, come il Cristo, prendono lo stesso nome dalla pietra, ma essendo anche membra di Cristo 15 si chiamarono «Cristi» derivando da lui questo nome, e si chiamarono «Pietri» dalla pietra. Prendendo spunto da ciò, dirai che i giusti hanno questo nome da Cristo-Giustizia, e i sapienti da Cristo-Sapienza (20). E così, per tutti gli altri suoi titoli assegnerai rispettivi nomi ai santi: a tutti loro potrebbero essere rivolte le parole dette dal Salvatore: Tu sei Pietro, e così via fino a: non prevarranno contro di essa (21).
Origene, Commento a Matteo, Libro XII, Cap. 11
Origene non era contro il primato di Pietro, già che lui stesso dice questo:
“Ma chi è cosí beato da essere libero dal peso delle tentazioni che nessun pensiero ambiguo sorprenda la sua anima? Vedi che cosa dice il Signore a quel grande fondamento della Chiesa e pietra solidissima, sopra la quale il Cristo fondò la Chiesa: ‘O uomo di poca fede, perché hai dubitato?’.”
Origene, Omelie sull’Esodo, V, 4
Origene, come altri padri della Chiesa, considerava a San Pietro come la pietra della Chiesa, ma allo stesso tempo, come facciamo anche noi oggi, considerava che la base della Chiesa è la fede in Cristo.
TERTULLIANO
Dunque, ‘in principio Dio creò il cielo e la terra’. Adoro la pienezza della Scrittura, con la quale vengono manifestati il creatore e la sua opera. Nel Vangelo invece scopro, come ulteriore rivelazione, che il Verbo è il ministro e l’ordinatore del creatore, ma non ho ancora letto in alcun passo se l’universo sia stato creato da una qualche materia soggiacente: ché, se questo è scritto, lo insegni la bottega di Ermogene, ma se non è scritto, abbia timore di quel ‘guai’, destinato a coloro che fanno aggiunte o sottrazioni alla Scrittura”
Tertulliano, Contro Ermogene, Cap XXII, 3
La citazione esiste. Praticamente Tertulliano sta dicendo che quello che dice Ermogene non si trova nella scrittura, e fa una allussione a Apocalisse 22,18-19, per confutare meglio, chiaramente si sta parlando di scrittura e non di tradizione. Comunque, bisogna guardare anche altri testi di Tertulliano per vedere se era contro la tradizione apostolica o no.
Ma poi, se vi siano eresie, le quali abbiano l’ardire di sostenere che esse sono strettamente congiunte alla purezza e all’integrità dell’Epoca Apostolica, così da voler quasi dimostrare che derivano in certo modo dagli Apostoli direttamente, perchè all’età loro fiorirono, noi possiamo risponder così: ci dimostrino chiaramente le origini, dunque, delle Chiese loro; ce lo dichiarino in quale ordine si siano susseguiti i vescovi loro, cominciando dall’inizio e venendo giù ordinatamente nel tempo, in modo che quel primo vescovo possa a sua volta riconoscere come predecessore e sostenitore qualcuno degli Apostoli o di quei primi uomini apostolici che cogli Apostoli ebbero assoluta comunione di vita e di fede. È proprio seguendo questo sistema che le Chiese Apostoliche spiegano e dichiarano la loro vita, la loro gloria. Ecco che la Chiesa di Smirne afferma che fu Giovanni a porre a suo capo Policarpo, e la Chiesa di Roma riconosce che Clemente fu ordinato da Pietro. E così continuando, tutte le altre Chiese fanno ricordo dei loro vescovi, che posti in tal grado direttamente dagli Apostoli, rappresentano la semente prima, apostolica, di quella che fu poi la fioritura. Anche gli eretici possono forse portare qualcosa che stia a confronto colle nostre affermazioni? Ci si provino! Che c’è di non lecito per loro, dal momento che han potuto e saputo pronunziare parole piene di menzona?Tertulliano, Praescriptione Haereticorum, Cap XXXII “Le cose stanno dunque così: che noi possediamo la verità; che essa deve a noi proprio venire aggiudicata; a noi, che avanziamo, ognuno, sicuri in questa nostra regola, che le Chiese riceverono dagli Apostoli, gli Apostoli a lor volta attinsero dalla voce di Cristo, Cristo, da Dio. È chiaro ed evidente dunque che noi abbiamo pieno il diritto di non riconoscere agli eretici la facoltà di discussione e d’esame delle Scritture Sacre; sono proprio loro che noi possiamo benissimo convincere, senza appoggiarsi affatto all’aiuto dei Libri Sacri, che su di questi non possono vantare diritto alcuno.”Tertulliano, Praescriptione Haereticorum, Cap XXXVII È da qui, da ogni considerazione esposta, che noi facciamo movere la nostra prescrizione contro gli eretici. È pure vero che Gesù Cristo inviasse gli Apostoli a predicare la sua dottrina (68). Ebbene: noi non dobbiamo accettare altri, all’ infuori di loro, come divulgatori di essa.Chi può conoscere il Padre se non il Figlio Suo e quelli a cui il Figlio lo rivelò (69)? E sembra chea nessun altro, se non agli Apostoli, il Figlio abbia rivelato i! Padre Suo. Ad essi poi dètte l’incarico della predicazione e di divulgare, s’intende, ciò che era stato loro manifestato.Ciò che essi, dunque, bandiscono alle genti, è quello che Cristo rivelò all’intelligenza loro; ed è da questo punto anche che noi possiamo alzare il nostro grido di prescrizione, in quanto non deve esser possibile conoscere la verità della dottrina di Cristo, se non ricorrendo alle Chiese che gli Apostoli fondarono e dove essi ammaestrarono i fedeli, sia colla voce viva ed ardente, sia rivolgendosi poi con lettere alle genti.Se dunque le cose stanno esattamente così ne risulta cheogni dottrina, la quale si accordi ai principi di quelle Chiese Apostoliche Madri, sorgenti di ogni fede più pura, si deve riconoscere come veritiera: essa contiene in sè, senza dubbio alcuno, ciò che le Chiese attinsero dal labbro degli Apostoli, ciò che a loro volta gii Apostoli colsero dalle labbra di Gesù, ciò che infine Gesù attinse da Dio. E si può affermare, senz’ altro, falsa ogni dottrina che si schieri contro la verità della Chiesa e quindi contro la parola degli Apostoli, di Cristo, di Dio. Quello che ci resta da dimostrare è questo appunto: che la dottrina nostra, di cui prima abbiamo dato la regola di fede, trae l’origine sua dalla pura tradizione apostolica e che quindi, posto questo riconoscimento, tutte le altre dottrine vengono infirmate come false, in quanto traggono loro sorgente da principi non veri. Noi siamo nel rapporto più intimo colle Chiese Aposto-liche, perchè la nostra dottrina non è in alcun punto diversa dalla loro: questa è la prova sicura dell’assoluta verità.Tertulliano, Praescriptione Haereticorum, Cap XXI,1-7
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